lunedì 26 febbraio 2024

Un ragazzo della nostra età



Se la sua morte rimarrà un mistero, mio figlio sarebbe ucciso per la seconda volta.

-Sardo Verbano

Aveva diciotto anni, andava ancora a scuola, all’Archimede, era appassionato di fotografia e di arti marziali e tifava Roma.

A primo impatto, Valerio Verbano non sembra diverso da qualunque nostro amico o conoscente, eppure, la sua vita e la sua partecipazione politica durante gli anni di piombo è quanto di più diverso dalla nostra odierna.

Attraverso il collettivo della sua scuola, nel 1975, Verbano si avvicina alla vita politica, aderendo successivamente ad Autonomia Operaia, movimento nato da un’interpretazione moderna del pensiero marxista, basato sull’antiautoritarismo e l’autonomia di classe. Si tratta di una militanza che mette a repentaglio la sua stessa incolumità fisica, in quanto in quel periodo l’Italia è caratterizzata da un’estremizzazione delle ideologie politiche che porta alla nascita di movimenti extraparlamentari che si scontrano attraverso la lotta armata, la violenza di piazza e atti di terrorismo. Lo stesso Verbano viene condannato nel ’79 a sette mesi nel carcere Regina Coeli dopo essere stato arrestato a Fidene insieme ad altri quattro ragazzi mentre fabbricavano delle molotov. In questa stessa occasione, una perquisizione dell’appartamento di via Monte Bianco porta al sequestro di una pistola beretta con la matricola abrasa e di fascicoli che contenevano la schedatura di estremisti di destra. Il 22 febbraio dell’anno successivo, all’una meno un quarto, tre militanti di estrema destra si introducono in casa sua, con i volti coperti da passamontagna e armati di pistole con silenziatore e, dopo essersi spacciati per amici del ragazzo per farsi aprire il portone, immobilizzano i genitori con del nastro adesivo e aspettano che Valerio torni da scuola. L’omicidio avviene alle 13:40, con un colpo di pistola all’intestino dopo un breve scontro e un tentativo di fuga. Nell’abbandonare il luogo del delitto gli aggressori lasciano indietro un passamontagna, una pistola e alcuni oggetti personali, cui proprietari non verranno però mai individuati. Tra le varie rivendicazioni che vengono fatte nelle ore successive, la prima viene da una formazione di sinistra, la quale dichiara di aver avuto l’intenzione di gambizzare Verbano, punendolo per essere una spia della polizia. Tuttavia, è generalmente accettato, nonostante non ci sia una dichiarata verità giudiziaria, che l’omicidio sia stato fatto da un gruppo di neofascisti. La seconda infatti arriva dai NAR (Nuclei Armati Rivoluzionari), un movimento di estrema destra, in cui vengono lasciate per telefono anche delle specifiche sull’arma del delitto e la motivazione.

Pochi giorni dopo, il 26 febbraio del ’80, viene denunciata la scomparsa del cosiddetto “dossier Verbano”, ovvero il gruppo di fascicoli che erano stati sequestrati dalla polizia durante il processo allo stesso nel ’79. Attraverso il mensile “controinformazione”, a cui facevano riferimento gruppi dell’ala operaista tra cui Autonomia Operaia stessa, dei militanti, tra cui Verbano si erano avvicinati ad ambienti di estrema destra e avevano fotografato e catalogato, appoggiandosi anche alle notizie sugli arresti, i fatti e gli informatori infiltrati. Il dossier doveva servire a contrastare un eventuale colpo di stato dell’estrema destra. Nell’ottobre dello stesso anno gli avvocati della famiglia ne chiedono il dissequestro, ricevendo risposta negativa, nell’84, ne viene ordinata la distruzione e nell’87 il dossier scompare definitivamente, solo per ricomparire per spezzoni in copia nel 2011 ed entrare negli atti dell’inchiesta.

Sono passati più di quarant’anni dagli avvenimenti di via di Monte Bianco, eppure, ogni 22 febbraio, centinaia di persone si riuniscono per ricordare la morte di una persona a cui si sentono in qualche modo vicini, che condivideva le loro stesse ideologie in un periodo in cui la mera partecipazione politica significava mettere in pericolo la propria vita. I fiori sulla lapide di Valerio e dei suoi genitori, i manifesti e le scritte “Valerio vive” che spiccano ancora oggi sui muri in zona Tufello per alcuni rappresentano il ricordo rispettoso di un omicidio avvenuto tanti anni fa, per altri il ricordo di un’ideologia che non muore.

Silvia Vannucci


Il Blog consiglia:

PODCAST - Una testimonianza da Gaza: Intervista alla Dottoressa Elvira Del Giudice

Il podcast del Blog degli Studenti giovedì 16 novembre 2023 ha ospitato la Dottoressa Elvira Del Giudice. La Dottoressa ci ha fornito una te...

Top 5 della settimana