giovedì 30 maggio 2024

Fontamara: Un Romanzo di Resistenza e Denuncia Sociale

 



“Fontamara” è un romanzo scritto da Ignazio Silone, pubblicato nel 1933 in Svizzera e solo nel 1945 in Italia. È il racconto

di come il potere, ogni potere, manipoli l’ignoranza.

Ambientato in un “antico e oscuro luogo di contadini poveri”, un villaggio immaginario nella Marsica in Abruzzo, il libro offre una cruda rappresentazione delle difficoltà affrontate dai braccianti italiani durante il periodo fascista. Uomini e donne vittime due volte: di una condizione sociale che da sempre li pone in una condizione di sudditanza e ora anche del fascismo. “Non siamo cristiani anche noi?”. “Voi siete cafoni” ci rispose quello. “Carne abituata a soffrire”

Silone, con una narrazione toccante e realistica, utilizzando il linguaggio semplice degli umili, denuncia l’oppressione e le ingiustizie subite dai poveri, esprimendo una profonda critica sociale. Nessun governo ha mai pensato alla loro condizione sociale, e il fascismo si comporta allo stesso modo. “Tutte le novità portate dai piemontesi in 70 anni insomma si riducono a due: la luce elettrica e le sigarette. La luce se la sono presa i fascisti. Le sigarette? A noi è sempre bastata la pipa”

Trama

La storia si svolge a Fontamara, un villaggio povero e arretrato abitato da contadini chiamati “cafoni”, braccianti che lavorano la terra, la valle del Fucino nella Marsica. Nel linguaggio di Silone, “cafone” non viene usato in senso dispregiativo. Il cafone è il contadino ignorante che vive della forza delle sue braccia. “Quando nel mio paese il dolore non sarà più vergogna, cafone diventerà nome di rispetto, e forse anche di onore”, scrive Silone.

La vita dei cafoni è dura, non cambia mai, da secoli è sempre la stessa: ci sono i poveri e i ricchi, chi lavora la terra e chi comanda. Una società dominata dall’ignoranza, gli abitanti del villaggio lottano quotidianamente per la sopravvivenza. L’esistenza dei cafoni è complicata dalla presenza di un sistema corrotto e oppressivo. Il fascismo rappresenta il volto del potere contro il quale è inutile lottare. 

I cafoni che rappresentano gli oppressi di ogni epoca sono i protagonisti del romanzo. Bernardo Viola è il portavoce di questo popolo umiliato. Nel libro è l’unico cafone che sembra avere una “coscienza di classe”. Tenta di reagire alla sua condizione, ma ogni suo tentativo è vano. Morirà ucciso in un carcere fascista nel tentativo di salvare un compagno.

Un evento cruciale del libro è la costruzione di un canale che devia l’acqua necessaria per l’irrigazione dei campi dei contadini verso i terreni dei proprietari terrieri. Un atto di ingiustizia, perché la ripartizione dell’acqua viene fatta “TRE QUARTI ai padroni, i RESTANTI TRE QUARTI ai contadini”. I braccianti non capiscono tecnicamente la truffa che viene operata ai loro danni, ma comprendono di essere vittime di un sopruso. Il padrone poi pretende di avere in usufrutto l’acqua per 50 anni. Troppi per i contadini che dopo aver protestato ottengono la riduzione dell’usufrutto a 10 lustri. Il segno concreto di come il potere manipoli l’ignoranza, dicevamo. Quando i fascisti arrivano in paese, violentano le donne, schedano gli abitanti e chiedono “Chi evviva?", nessuno risponde "il Duce" come vorrebbe il podestà, essendo tutto il paese ignaro dell'avvento del fascismo.

La repressione, a quello che il regime giudica quasi un atto di insubordinazione, culmina in un massacro, simbolo della disperazione e dell’impotenza dei contadini di fronte al potere.

Al tono grave, Silone alterna quello disincantato nel quale è l’aspetto paradossale a trasformare il dramma. Suscita un sorriso amaro il viaggio dei cafoni ad Avezzano per un’adunanza del regime. Chiamati solo per fare numero, invece di portare i gagliardetti fascisti, portano lo stendardo di San Rocco preso nella Chiesa parrocchiale. I fascisti li irridono e temono quasi una inammissibile presa in giro, non comprendendo il dramma dei cafoni che non sanno neanche cosa sia il regime.

Il finale del libro contiene un chiaro messaggio politico: per i cafoni c’è una possibilità di riscatto. Ma il riscatto richiede la trasformazione dei singoli in gruppo sociale, dei cafoni in proletari. La rivista “Che fare?” che i cafoni decidono di scrivere alla fine del libro è un chiaro riferimento al saggio di Vladimir Lenin che contiene le tesi fondamentali per la costituzione di un proletariato e per la rivoluzione socialista. Chiaramente un’astrazione, visto che i fontamaresi sono analfabeti.

 

«Sono un socialista senza partito e un cristiano senza Chiesa»

 

Ignazio Silone, presudonimo di Secondino Tranquilli nasce nella Marsica nel 1900. Nel terremoto del 1915 perde la mamma e il padre e con il fratello viene messo in un collegio. L’incontro con Don Orione gli trasforma la vita. 

Tematiche

Fontamara esplora diverse tematiche chiave:

​1.​Ingiustizia sociale: il romanzo mette in luce il rapporto tra ricchi e poveri, evidenziando come i potenti sfruttino e opprimano i più deboli per mantenere il loro status. Un messaggio universale.

​2.​Resistenza e ribellione: nonostante le avversità, i cafoni di Fontamara tentano di resistere all’oppressione. La loro ribellione, sebbene soffocata, rappresenta un atto di coraggio e dignità, una presa di coscienza della loro condizione sociale.

​3.​Critica al fascismo: Silone usa il romanzo per criticare apertamente il regime fascista, mostrando come esso perpetui la disuguaglianza e la repressione alle quali i cafoni sono abituati da sempre.

​4.​Solidarietà e comunità: le difficoltà fanno emergere nei cafoni un senso di comunità che li trasforma in cittadini.

Stile

Il linguaggio di Silone riflette la realtà dei personaggi. Descrivendo gli umili, il linguaggio è semplice e diretto. Rispecchia le caratteristiche dei “cafoni”, come l’ignoranza e l’incapacità di esprimersi in un italiano corretto. Quando a parlare sono i potenti, il linguaggio si adatta al loro stato sociale. Silone mette in bocca alle persone istruite addirittura il latino, anche in funzione di dileggio dei poveri cafoni.

La prosa è intrisa di realismo e di un profondo senso di umanità, che coinvolge il lettore nelle vicende dei protagonisti.

“Fontamara” ha ricevuto ampi consensi sia in Italia che all’estero. Tradotto in 25 lingue è considerato un capolavoro della letteratura italiana del Novecento e un importante documento storico e sociale. Ha ispirato numerosi adattamenti teatrali e cinematografici (Il film Fontamara di Carlo Lizzani), ampliando ulteriormente il suo impatto culturale. È diventato un documento della propaganda antifascista fuori dall’Italia e un simbolo di resistenza ai regimi totalitari.

Chi è Silone

Silone si oppose al fascismo fin dalle origini, fu redattore dell’«Avanguardia» (organo della gioventù socialista) e del «Lavoratore» di Trieste, la cui tipografia venne ripetutamente incendiata dagli squadristi. Dopo le leggi eccezionali, divenne attivista clandestino accanto a Gramsci; denunziato e ricercato, fu infine costretto a riparare all’estero, stabilendosi nel 1930 in Svizzera. Al 1931 risale la sua rottura col movimento comunista, caduto sotto la tirannia staliniana. A Davos, nei Grigioni, scrisse “Fontamara” che venne pubblicato per la prima volta in tedesco a Zurigo nel 1933.

Conclusione

Fontamara è un’opera potente e commovente. Il messaggio è ancora attuale perché è una rappresentazione autentica della lotta per la libertà e una incisiva critica sociale. Ignazio Silone, attraverso questo romanzo, non solo denuncia le ingiustizie del suo tempo, ma offre anche un messaggio universale di resistenza e speranza.

Elisabetta Petricone

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