"Seguimi," disse Paolo con un sorriso enigmatico, stringendole ancora la mano. "Ti porterò in un posto speciale."
Con passo spedito, Paolo condusse Emma attraverso strade sconosciute, sempre più lontane dal centro scintillante della città.
L'atmosfera cambiava gradualmente: l'aria, satura di odori misti di cibo, fumo e vita urbana, si faceva più densa e intima. I palazzi eleganti cedevano il posto a quartieri più semplici, dove l’imperfezione non mascherava, ma esaltava, una bellezza autentica.
Emma sentiva un groppo in gola. Dove la stava portando Paolo? Un brivido le percorse la schiena, un misto di ansia e curiosità. La città sembrava rivelare un volto nascosto, meno patinato, ma profondamente umano.
"Ma dove stiamo andando?" chiese Emma, la voce tremante.
"Non preoccuparti," rispose Paolo, stringendole la mano. "Stai per incontrare delle persone speciali."
Arrivarono infine davanti a una porta in ferro battuto, incorniciata da rampicanti verdi che sembravano volerla abbracciare. Paolo bussò seguendo un ritmo particolare, tre colpi brevi e uno lungo. La porta si aprì con un lieve cigolio, rivelando un cortile ampio e accogliente.
Un gruppo di persone li accolse con sguardi curiosi e sorrisi genuini. Non erano perfetti secondo i canoni del Burattinaio, ma ognuno di loro portava con sé un fascino unico. C'era una donna dai capelli ricci e ribelli, raccolti in una nuvola di luce dorata, e un uomo con una leggera zoppia, il cui volto era illuminato da una serenità contagiosa. Una ragazza indossava una sciarpa vivace che sembrava danzare al vento, mentre un anziano con profonde rughe sul viso emanava un’energia calma e accogliente.
Emma sentì il cuore stringersi, ma non per paura. Un’ondata di emozioni la travolse: rispetto, ammirazione, e una crescente consapevolezza.
"Eccoci arrivati," disse Paolo, con un tono che mescolava orgoglio e malinconia. "Questi sono coloro che hanno detto di no, che si sono rifiutati di lasciarsi plasmare dalle mani del Burattinaio. Sono persone vere, persone libere."
Emma si guardò intorno, cercando di assimilare la scena. Ogni volto, ogni gesto, ogni parola che si scambiavano trasudava autenticità. Non erano perfetti, ma erano reali, e la loro presenza riempiva l’aria di un’energia difficile da descrivere.
"Perché… perché hanno scelto questo?" chiese con un filo di voce.
"Perché non volevano perdere ciò che li rende unici," rispose Paolo. "Non volevano rinunciare alla propria identità per inseguire un'illusione. Hanno capito che la bellezza sta nell’imperfezione, nelle storie che portiamo scritte sul corpo e nell’anima."
Emma rabbrividì. Un monologo interiore si scatenò nella sua mente:
"E se fosse successo anche a me? Se avessi rinunciato a ciò che sono per inseguire una perfezione vuota? No, non posso farlo. Non posso permettere al Burattinaio di distruggermi. Devo lottare. Devo difendere queste persone, difendere me stessa."
Paolo la guardò con tenerezza, come se avesse letto i suoi pensieri.
"Non sei sola, Emma," le sussurrò. "Insieme possiamo farcela, insieme possiamo salvare questo mondo."
Poi aggiunse, con un tono più serio, fissandola dritta negli occhi:
"Volevo che vedessi questo, che capissi davvero. Non devi operarti, Emma. Non devi cadere nella sua rete. Sei perfetta così come sei."
Le sue parole risuonarono nella mente di Emma, pesanti come macigni. Si guardò intorno, osservando quelle persone che avevano trovato il coraggio di essere se stesse. La realtà di quel luogo la colpì con forza, e un pensiero, limpido e inesorabile, prese forma nel suo cuore: doveva fermarsi, per loro, ma soprattutto per sé stessa.
Alessandro Portavia
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