venerdì 13 dicembre 2024

La storia del Blog - Parte 5




 
Emma si accorse che il suo respiro era diventato più profondo, quasi come se volesse accogliere la verità di quel luogo. La realtà che Paolo le aveva mostrato era sconcertante, ma aveva un sapore familiare, come un ricordo che riaffiora quando meno te lo aspetti. Quelle persone, così diverse eppure unite dalla stessa forza, sembravano aver trovato un equilibrio che lei non riusciva nemmeno a immaginare.

"Come posso aiutare?" chiese infine, con una voce tremante ma decisa. Sentiva il peso della sua decisione, ma anche una nuova leggerezza, come se avesse appena fatto il primo passo su un sentiero sconosciuto, eppure inevitabile.
Paolo sorrise, un sorriso che sembrava custodire sia speranza che malinconia. "Prima di tutto, devi conoscere la verità. Non quella che il Burattinaio racconta, ma quella che ha cercato di seppellire sotto strati di menzogne. Devi sapere come tutto è iniziato."
La sua espressione si fece più cupa. Con un cenno, invitò Emma a seguirlo. Attraversarono il cortile, dirigendosi verso un edificio basso e modesto, nascosto sotto una cupola di alberi. Le pareti erano tappezzate di mappe, ritagli di giornale e fotografie ingiallite. Al centro, un vecchio proiettore scintillava, pronto per essere acceso.
"Qui conserviamo la nostra storia," spiegò Paolo, indicando i muri. "Tutto ciò che il Burattinaio ha cercato di cancellare. La Babel non è solo un'azienda: è un sistema, un'ideologia che ha preso radici in ogni aspetto della nostra società. Ti mostrerò come ci siamo arrivati."
Emma si sedette su una sedia cigolante, osservando Paolo mentre accendeva il proiettore. Un'immagine tremolante prese vita sullo schermo: scene di città affollate, pubblicità che promettevano perfezione, volti sorridenti ma vuoti. Poi, gradualmente, le immagini cambiarono. Persone che protestavano, altre trascinate via da uomini in divisa. Il simbolo della Babel si ripeteva ovunque, come un marchio indelebile.
"Un tempo, le imperfezioni erano celebrate," disse Paolo, con la voce carica di emozione. "Erano ciò che rendeva ognuno di noi speciale. Ma poi hanno cominciato a convincerci che la perfezione fosse l'unica strada verso la felicità. E noi ci siamo lasciati ingannare. Abbiamo rinunciato alla nostra umanità, pezzo dopo pezzo, finché non siamo diventati burattini nelle mani di un sistema che ci vuole tutti uguali, tutti controllabili."
Emma sentì un nodo stringerle la gola. Ogni immagine, ogni parola, sembrava scavare un solco dentro di lei. Era questo il futuro che desiderava? Una vita senza imperfezioni, ma anche senza identità? Si voltò verso Paolo, che la osservava in silenzio, aspettando che fosse lei a parlare.
"Questo posto… queste persone…" iniziò, esitante. "Come fanno a sopravvivere? Non vengono trovati?"
"È un rischio continuo," ammise Paolo. "Ma ci proteggiamo a vicenda. E non siamo soli. Ci sono altre comunità, nascoste nelle pieghe del sistema. Stiamo cercando di organizzarci, di resistere. Ma abbiamo bisogno di persone come te, Emma. Persone che abbiano il coraggio di dire di no."
Si prese un momento per riflettere, cercando di assimilare tutto ciò che aveva appena scoperto. Le parole di Paolo continuavano a riecheggiare nella sua mente: Non sei sola. Per la prima volta da mesi, forse da anni, percepì una scintilla di speranza.
Ma proprio mentre quella sensazione iniziava a farsi strada nel suo cuore, un rumore improvviso spezzò il silenzio. Un colpo sordo alla porta, seguito da un altro, più forte. Le persone nel cortile si immobilizzarono, i volti tesi come corde di violino. Paolo scattò in piedi, il volto improvvisamente pallido.
"Ci hanno trovati," sussurrò.
Emma sentì il cuore batterle all’impazzata. Paolo le afferrò la mano e la trascinò verso una porta sul retro, ma prima di uscire si voltò verso il gruppo. "Sapete cosa fare. Proteggete le informazioni. Noi guadagneremo tempo."
Voleva protestare, capire cosa stesse succedendo, ma il panico e la determinazione negli occhi di Paolo la convinsero a seguirlo. Uscirono in una strada laterale, correndo senza fermarsi. Le sirene cominciavano a echeggiare in lontananza, e l’ombra opprimente della Babel sembrava avvolgere tutto.
"Non possiamo arrenderci," disse Paolo, stringendole la mano con forza. "Non ora."
Emma serrò la mascella, con il cuore che le martellava nel petto. Sapeva che non c’era più modo di tornare indietro. La battaglia per la libertà era appena iniziata.
Filippo Maria Giovannini

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