Da giorni, il Burattinaio osservava Paolo ed Emma, due individui che avevano attirato la sua attenzione. Viveva nella Babel Tower, un imponente monolite nero al centro della città, simbolo della sua inaccessibile autorità. Dal suo attico senza finestre, circondato dall’oscurità,
Il Burattinaio era l’entità temuta da tutti, il maestro invisibile che governava la società con fili invisibili di sorveglianza e repressione. Nessuno conosceva il suo volto, ma il suo nome incuteva timore in ogni angolo. La stanza rifletteva il caos calcolato della sua mente: una scrivania disordinata con quaderni pieni di schemi, pacchetti di sigarette vuoti e piatti sporchi sparsi.
Il suo interesse per Paolo ed Emma crebbe al punto da decidere di incontrarli di persona. Indossò il suo consueto cappotto nero, guanti di pelle e una maschera che celava completamente il suo volto. Scese nelle prigioni, accompagnato dalle guardie, e trovò i due: Emma era ancora inerme, mentre Paolo lo fissava con rabbia.
“Portatela via e prendete il ragazzo. Voglio parlarci da solo,” ordinò. Paolo cercò di opporsi, ma fu sedato. Emma, intanto, venne trascinata in cella.
Quando Paolo si risvegliò, si trovò in una stanza buia, legato a una sedia al centro di un lungo tavolo. Una luce fioca illuminava solo lui e il tavolo. All’altro capo, una figura cupa lo osservava in silenzio. Indossava guanti in pelle e aveva una bottiglia di liquore e un bicchiere di cristallo. Paolo, confuso e spaventato, chiese: “Chi sei? Cosa vuoi da me?”
“Io sono quello che voi chiamate il Burattinaio,” rispose l’uomo, la voce calma ma carica di autorità. “Io sono l’artefice di questo mondo, colui che stai cercando di sconfiggere.”
“Perché fai tutto questo? Perché non lasci le persone libere di scegliere?” replicò Paolo, cercando di mantenere il controllo.
“Ho passato anni a progettare un mondo perfetto,” iniziò il Burattinaio, ignorando il tono di sfida. “Un mondo in cui ogni persona fosse perfetta esteticamente. Volevo abbattere i pregiudizi che l’uomo ha sempre avuto verso ciò che è diverso. Pensavo che rendendo tutti uguali, perfetti, le persone avrebbero potuto conoscersi per quello che sono realmente, senza pregiudizi superficiali. Ma voi… voi ribelli siete il marcio che contamina questo ideale. Non c’è posto per voi nel mio sistema.”
Il Burattinaio prese un telecomando e accese uno schermo. Paolo trattenne il respiro vedendo Emma: era legata a una sedia, al centro di una stanza spoglia, con una guardia che le puntava una pistola alla testa.
“Vedi la tua amichetta?” disse il Burattinaio, con un tono quasi annoiato. “Se non mi dirai dove si nasconde il resto dei tuoi compagni, darò l’ordine di ucciderla. Sei alla fine dei giochi, Paolo. Vuoi continuare a fare l’eroe o preferisci salvare almeno lei?”
Paolo guardò lo schermo, combattuto tra il desiderio di resistere e la disperazione di perdere Emma. La voce del Burattinaio ruppe il silenzio: “Allora? Qual è la tua scelta, vuoi ancora giocare a fare l’eroe?”
Pierluigi Giuliano
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