È impossibile ricordare il momento prima di addormentarsi. La notte mi stordisce. Mi sveglio sfiancata, in un attimo di inconsapevolezza. Un breve attimo in cui dimentico chi sono. Mi illudo, per un momento, di essere leggera. Poi la memoria mi sussurra qualcosa all’orecchio.
È una piccola frase, schietta e inquietante. La mia fronte
inizia a stridere. Gli occhi mi si gonfiano. La memoria ha sospirato malefica
il mio nome.
Mi ha ricordato di essere io. Io, Annina. Nel mio nome la
mia esistenza, che sembra scorrere breve. Fino a quel momento, quando tutto
rallenta. L’umiliazione, il dolore, non li avevo mai conosciuti. Cinque lunghi
anni della mia vita, passati a illudermi. Io lo amavo, a me bastava.
Un click, e mi ha annullata.
Niente da allora mi sembra reale. È tutto rarefatto. Forse è
solo il salvavita automatico della mia coscienza. Forse è lei ad avermi portato
ad una costante apatia, per proteggermi dal dolore. Ma non sentire niente è il
dolore più grande, la più profonda delle emozioni. Perché non ha picchi e
fondi: è un elettrocardiogramma piatto.
L’umiliazione è quel giorno, il 20 novembre. Mi sono
vestita. Ma qualunque cosa avessi messo addosso tutti avrebbero visto il mio
corpo nudo. Il giudice, il mio avvocato, i miei genitori.
Un processo costruito su di me, a partire dalla mia
approvazione di girare quel filmato. La fredda voce del giudice:
“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque,
dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde
immagini o video di organi sessuali o a contenuto sessualmente esplicito,
destinati a rimanere privati,(…).”
Nella mia testa risuona “destinati a rimanere privati”. La
sua fiducia, ciò a cui pensavo di aggrapparmi; la mia ingenuità , ciò per cui
sono punita; il suo male: ciò che lui non pagherà mai.
Il nostro è diventato suo. Io sono diventata la sua preda, e
lo spettacolo per i suoi amici. Lui guardava solo lui, il suo orgoglio, la sua
prestazione. Loro gli occhi fissi su di me, persi nelle fantasie. Nessuno
riesce a guardarmi oltre quel paio di minuti, che sembrano un delitto compiuto
da me con un’arma fieramente impugnata. Lui invece non verrà ricordato, sarà
uno qualunque. Un continuo processo alla vittima e non al carnefice. La colpa
non di aver annullato la dignità di una persona, ma la colpa di essere vittima.
Per una prima panoramica sul fenomeno che coinvolge
moltissime donne e molti uomini (molti dei quali adolescenti) vi proponiamo
questo link: https://www.filodiritto.com/il-fenomeno-del-revenge-porn
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